La riforma in materia condominiale ha novellato l'art. 1138 inserendo la frase "Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici".
L'interpretazione sembra pacifica ma vedremo chiaramente che non è così, questo perchè la legge non stabilisce il tipo di regolamento a cui si riferisce.
La riforma, infatti, inserisce un divieto di vietare il possesso di animali. Tralasciando per il momento la definizione di animale domestico, tra cui rientra anche un cavallo, bisogna soffermarsi su dove opera tale divieto.
Bisogna ricordare che dottrina e giurisprudenza distinguono tra regolamento contrattuale ed assembleare.
Regolamento contrattuale, una serie di norme comportamentali vigenti all'interno del condominio predisposta dall'originario costruttore od approvata da tutti i componenti del condominio in un'assemblea all'unanimità.
Regolamento assembleare, una serie di norme comportamentali vigenti all'interno del condominio approvate a maggioranza dell'assemblea (2° comma art.1136) e non contenenti clausole limitative dei diritti spettanti condomini.
La votazione unanime serve proprio in virtù di una disposizione auto-regolatrice imposta dagli appartenenti al condominio per limitare una loro libertà. Dottrina e giurisprudenza ritenevano prima della riforma che solo i regolamenti contrattuali poteva disporre divieti al mantenimento di animali in condominio.
Nel momento in cui sussiste un Regolamento contrattuale pre-riforma le sue eventuali disposizioni non possono però non tener conto delle nuove leggi approvate dal parlamento, in virtù del principio della successione temporale delle leggi. Di fatto quindi un regolamento contrattuale che vieta il possesso di animali domestici dovrebbe essere soggetto a revisione in seguito al novellato art.1138.
L'uso del condizionale non è errato, in quanto in questo contesto interpretativo interviene un ordine del giorno del Senato, 0/71-B//1/02, del senatore Giovanardi, nella seduta n: 359 che afferma quanto segue:
La Commissione Giustizia, preso atto che al terzo comma dell'art. 1138 del codice civile è aggiunto il seguente: Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici; rileva il divieto in parola non riguarda i regolamenti cosiddetti contrattuali [...] perchè la disposizione è collocata all'interno dell'articolo che disciplina il regolamento condominiale.
Di fatto siamo di fronte ad una "interpretatio abrogans" , cioè una interpretazione abrogatrice delle disposizioni normative.
Sembrerebbe tutto chiarito ma non lo è per nulla; poichè la norma così interpretata non solo priva di effetti il novellato art.1138 nella parte dedicata agli animali, rendendola futile, ma si scontra con la ratio legis testuale che scaturisce dal dettato normativo e con le norme sovranazionali tendenti alla tutela del rapporto uomo-animale.
In conclusione siamo di fronte all'ennesimo pasticcio italiano, una norma chiara viene di fatto stravolta da un'interpretazione autentica di cui non si può non tener conto. A mio parere dunque la questione resta aperta e si dovranno attendere le prime sentenze giurisprudenziali in materia per avere un orientamento chiaro.
È mia opinione comunque che l'eventuale regolamento contrattuale che dispone tale divieto vada rimesso ai voti in virtù della legge e solo se approvato nuovamente il divieto si dovrà rispettare in virtù dell'autonomia contrattuale vigente a livello privatistico (art. 1322 c.c.). Solo a seguito di eventuali sentenze avverse alla derogabilità dell'art. 1138, su questo specifico argomento, si potrà di fatto vietare di vietare il possesso o la detenzione di animali qualunque sia il regolamento che lo preveda.
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